Nominava commercialisti suoi amici (tra cui un parente della moglie) come consulenti tecnici in materie che non c’entravano nulla con il loro settore: ingegneria, chimica, architettura, persino “smaltimento di rifiuti e scarichi” e “gestione e manutenzione di impianti“. E liquidava loro parcelle “esorbitanti“, che arrivavano a 230mila euro. Per questo e altri motivi Corrado D’Ambrosio, 54enne giudice civile del Tribunale di Salerno, è stato radiato dalla magistratura: mercoledì la Sezione disciplinare del Csm lo ha giudicato responsabile di una lunghissima serie di illeciti deontologici, infliggendogli la sanzione più alta possibile. La decisione è arrivata a ben 15 anni dai fatti, risalenti al lontano 2010: il processo disciplinare, infatti, è stato sospeso obbligatoriamente in attesa dell’esito di quello penale, in cui il giudice – assolto dalle accuse di corruzione – era stato condannato in primo grado per abuso d’ufficio (reato di recente abolito dalla legge Nordio) salvandosi in Appello solo grazie alla prescrizione. Per tutto questo tempo D’Ambrosio ha continuato a fare il magistrato, non rinunciando a intervenire in pubblico sui temi della giustizia: nel 2022, in un’intervista sul Foglio alla giornalista Annalisa Chirico, si era schierato a favore dei referendum di Lega e Partito Radicale sulla separazione delle carriere. “Il ruolo della pubblica accusa è assolutamente sproporzionato rispetto alle esigenze del sistema. Il pm è diventato un potere irresponsabile, è pericoloso per la democrazia“, diceva.
Nei capi d’incolpazione redatti dalla Procura generale della Cassazione – l’organo d’accusa nel processo disciplinare – si legge che l’ormai ex magistrato, “con grave inosservanza dei doveri di correttezza e diligenza e agendo con negligenza grave e inescusabile, nominava, nelle cause da lui trattate, consulenti privi del profilo professionale e della competenza compatibili con i quesiti posti”, cioè i commercialisti suoi amici. A causa della loro inadeguatezza, però, la consulenza “vera” era affidata ad ausiliari, nominati nello stesso momento o in un momento successivo: a loro veniva liquidato autonomamente l’onorario (che di solito rientra nelle spese del consulente) “in taluni casi senza l’applicazione dei criteri di legge bensì a forfait“. Ad esempio, nella causa 1508/2010 D’Ambrosio “nominava consulente tecnico d’ufficio il dottor Vittorio Marone, commercialista, per un incarico di natura ingegneristica-architettonica“, liquidandogli la bellezza di 130mila euro di compenso; allo stesso tempo però “lo autorizzava ad avvalersi di un ausiliario con competenza specifica, l’ingegnere Luigi Iaquinta, al quale liquidava la somma di euro 65.569,56”. Sempre Marone veniva nominato, nella causa 34809/2010, “per un incarico relativo alla valutazione sul corretto adempimento di contratto in materia di gestione e manutenzione di impianti, autorizzandolo ad avvalersi dell’ausiliario ingegner Luigi Panico”: a quest’ultimo venivano liquidati 73.663 euro, al commercialista ben 230.589,74. Così facendo, scrive la Procura generale, il giudice radiato “aggravava illegittimamente le spese del processo, ledendo gravemente i diritti patrimoniali delle parti processuali”, che avrebbero dovuto pagarle, “e procurando loro illecitamente un ingiusto danno”. [Omissis …]
Fonte: IlFattoQuotidiano – Paolo Frosina – 24 Aprile 2025