I giudici hanno deciso di accogliere il ricorso del legale di un 33enne nigeriano per ottenere il permesso di protezione sussidiaria dopo il rigetto da parte della Commissione territoriale di Treviso
Anche i cambiamenti climatici possono diventare un motivo più che sufficiente per accordare un permesso di protezione sussidiaria: questo emerge dalla sentenza pronunciata dal Tribunale di Venezia nei confronti di un 33enne originario del Niger.
La richiesta dello straniero, inoltrata nel 2019, era stata inizialmente rispedita al mittente dalla Commissione territoriale di Treviso. Tutto è cambiato pochi giorni fa, quando i giudici della sezione dedicata a questioni connesse all’immigrazione hanno deciso invece di accogliere l’istanza, producendo un documento di ben 23 pagine per motivare la propria scelta. Una scelta influenzata anche dalle recenti alluvioni che hanno colpito il Paese di origine dell’extracomunitario.
Quest’ultimo era giunto in Italia nel novembre del 2016. Stando alla versione dei fatti fornita dall’uomo alle autorità, la decisione di abbandonare la propria terra sarebbe scaturita da un attacco terroristico al mercato di Bosso attribuito a Boko Haram. Lo straniero, come riportato da Il Gazzettino, aveva “visto la folla scappare, le abitazioni e i negozi bruciare, le donne sequestrate e la gente uccisa”. A ciò sarebbe seguita la fuga in camion verso la Libia, l’arresto nel deserto da parte dei soldati libici, lo sbarco in Italia e la domanda di protezione internazionale. Un’istanza, come detto, inizialmente rigettata dalla Commissione territoriale di Treviso.
La sentenza
Il Tribunale di Venezia ha deciso di accogliere il ricorso, proponendo delle motivazioni che includono anche i cambiamenti climatici. “La crisi nigerina è strettamente collegata alla crisi che ha colpito il Sahel nell’ultimo decennio e all’aumento dell’attività di gruppi terroristici di ispirazione islamista nella zona”, spiega il collegio,”più di 13 milioni di persone tra cui 5 milioni di bambini in tre paesi hanno bisogno urgente di assistenza umanitaria e di cibo, alloggio, accesso ad acqua potabile, a servizi sanitari e all’istruzione”. Ma stavolta non è solo l’instabilità politica del Paese a incidere, quanto le mutate condizioni climatiche. “Dall’agosto 2020 inoltre, il Niger sta affrontando le peggiori inondazioni della sua storia, che hanno colpito oltre mezzo milione di persone in una sola stagione”, si legge nel documento. “Le forti piogge, insieme all’aumento del livello dell’acqua nei principali bacini fluviali, hanno portato a gravi inondazioni in tutto il Paese, con una gran parte dei terreni ancora inondati e danni diffusi alle attrezzature agricole, al bestiame e alla pesca, nonché ai raccolti”.
L’insicurezza alimentare, secondo i giudici, ha aggravato la situazione umanitaria del Paese, “legata principalmente agli spostamenti della popolazione a causa delle violenze perpetrate dai gruppi armati, agli effetti del cambiamento climatico e alla pandemia di Covid-19”. “Il Niger è identificato tra i 10 paesi maggiormente vulnerabili ai cambiamenti climatici dall’indice Notre Dame“, dichiarano i giudici. Ciò significa, in parole povere, che alla nuova categoria di migrante, vale a dire quello “climatico” viene riconosciuto il diritto di usufruire di un permesso di protezione sussidiaria che gli consentirà di lavorare sul territorio nazionale. L’uomo potrà quindi continuare a vivere nel Trevigiano.
Il Giornale 3 Settembre 2022 – Federico Garau