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Olocausto oppure Olodogma?

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Riceviamo e pubblichiamo

L’amico Angelo Patrone mi pone una domanda intelligente:

<< … a Norimberga è stata fissata la cifra dei 6 milioni in base ad un’iperbole tratta dalla tradizione ebraica. Ma perché non ci è mai stata rivelata questa semplicissima ed innocua verità in tutti questi lunghi anni? E perché chi mette in discussione la famosa cifra è stato perseguito penalmente e bollato come negazionista antisemita? >>.

Risposta:

La Storia insegna che ogni Nazione che si è posta a capo di un impero mondiale ha costruito un proprio mito fondatore. Il mito ha la funzione di coagulare intorno a sé la Nazione, che si riconosce in questa narrazione. Il mito ha anche la funzione di legittimare moralmente la leadership politica del popolo leader di fronte ai popoli soggetti.

Come ogni mito, anche l’Olocausto si basa su fatti reali. Tuttavia è oggettivamente difficile distinguere i confini tra verità storica e mito. Soprattutto quando si parla di cifre. Ad esempio un rapporto della Croce Rossa Internazionale, che riproduco qui a fianco, riduce a 282.000 il numero di ebrei deceduti nei lager nazisti (1). Non è detto che questo rapporto corrisponda a verità,  però a essere onesti il reale numero dei morti è un problema secondario: tutte le vittime innocenti vanno compiante, senza se e senza ma. E’ una questione di umanità, io credo.

Se i termini del problema fossero esclusivamente morali, la pietà dovrebbe vincere su ogni altra considerazione. Purtroppo sulla pietà hanno avuto la meglio considerazioni di natura essenzialmente politica. Infatti mettere in discussione il mito significa contestare la legittimità di chi siede sul trono. Il tiranno – sia esso un singolo individuo o un’oligarchia – ha sempre avuto paura di questo tipo di contestazione. Poiché la paura genera violenza, ecco spiegata la ragione della repressione del pensiero revisionista. Diciamo meglio: la repressione dello spirito critico, dell’autonomia di giudizio, della libertà di parola. La Verità deve essere data una volta per tutte: – la fine della Storia è il sogno di ogni dispotismo!
Il mito dei “sei milioni” iniziò a circolare sulla stampa ebraica in lingua inglese già dalla fine dell’Ottocento (2). Se prestiamo fede a questi documenti, l’Olocausto iniziò in Russia, proseguì poi da qualche parte nell’Europa orientale ed ebbe termine, infine, nella Germania nazista. Qualcosa non torna, evidentemente. Forse la minoranza sionista aveva bisogno di rifarsi alle profezie messianiche per conquistare alla propria causa la maggioranza degli ebrei? Chissà! Ad ogni modo il tema della Shoah rimase circoscritto al mondo ebraico fino al 1967. Quando però la Guerra dei Sei Giorni svelò al mondo le capacità militari di Israele, gli USA e i loro alleati accettarono acriticamente il mito olocaustico e lo sposarono: era una questione di realpolitk (3). Così di punto in bianco la Shoah si trasformò in un fenomeno culturale globale.
Stendiamo un velo pietoso sul business dell’Olocausto, sul quale pure ci sarebbe molto da dire (4). Ciò che appare più interessante è l’impiego sistematico della propaganda – penso all’industria cinematografica di Hollywood, ma non solo – per mantenere vivo il senso di colpa nei gentili. Così l’immagine di un popolo martire si è infine imposto nell’immaginario collettivo, legittimando una pretesa superiorità morale degli israeliti. Da qui si è sviluppato il dogma indiscutibile che la Shoah sia un fatto unico nella Storia dell’umanità. Non me ne vogliano gli amici israeliti, ma parecchi popoli cristiani nella prima metà del Ventesimo secolo sono stati vittime di genocidio: gli italiani infoibati, i tedeschi rinchiusi nei “campi della morte” di Eisenhauer, gli Ucraini sotto Stalin e gli Armeni nell’Impero ottomano. A questo punto ha davvero senso discutere di numeri, minacciando addirittura la galera a chi non si conforma alla verità di regime? Per il tiranno e i suoi complici evidentemente sì!
Sfruttando il senso di colpa dei gentili, le lobby ebraiche e lo Stato di Israele hanno preteso e ottenuto una sorta di cambiale in bianco. Ogni critica, anche legittima, dell’imperialismo ebraico viene controbattuta con l’accusa di antisemitismo (5). Per quanto ne so, non esiste un solo esempio di imperialismo che non presenti aspetti moralmente riprovevoli (6).
Appurare il vero numero degli ebrei uccisi dai nazisti mi sembra assai meno importante che denunciare l’uso strumentale della Shoah da parte di ristrette oligarchie politiche e finanziarie che difendono il proprio privilegio.

Enrico Montermini, 20.01.2018

Note:
(1) Il rapporto in oggetto è stato pubblicato in G. Menuhim, Tell the Thruth e shame the devil.
(2) Per una carrellata di titoli della stampa sionista sull’Olocausto potete consultare la pagina Qui:
URL consultato in data 21.01.2018
(3) Si rimanda qui per brevità alla bibliografia di John Kleeves (alias Stefano Anelli) riportata nella pagina Wikipedia
(4) Si rimanda il lettore al libro di Norman Filkenstein, L’industria dell’Olocausto.
(5) Cfr. R. Garaudy, I miti fondatori della politica di Israele.
(6) Sulla psicologia dell’imperialismo ebraico vedi G. P. Mattogno, L’imperialismo ebraico nelle fonti della letteratura rabbinica. Per una revisione della storia del popolo ebraico si consiglia la lettura di I. Shahak, Storia ebraica e giudaismo. Le politiche razziste e colonialiste di Israele in Palestina sono analizzate dettagliatamente in B. Morris, Vittime.

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One comment

  1. ANNAMARIA GODINO

    ARTICOLO INTERESSANTE….ULTIMAMENTE ABBIAMO ASSISTITITO A TEATRINI VARI,,,,
    SIAMO IN MANO A FOLLI…CERCHIAMO DI GUARDARE AVANTI E DI SEPPELIRE I CADAVERI…Z

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