Julian Assange, per sette anni la sua casa è stata una piccola ambasciata nel cuore di Londra, dove aveva trovato riparo dopo la richiesta di estradizione inoltrata dalla Svezia per rispondere a una controversa (ndr in realtà falsa) denuncia per abusi sessuali poi archiviata. Il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, è rimasto rifugiato nella sede diplomatica dell’Ecuador dal 19 giugno 2012 fino all’11 aprile 2019, quando il Paese sudamericano ha deciso di ritirargli la cittadinanza e lo ha espulso, consentendo ai servizi segreti britannici di arrestarlo. Assange è accusato negli Usa di violazione dell’Espionage Act (contestato per la prima volta in un caso di pubblicazione di documenti riservati sui media) per aver contribuito a svelare dal 2010 documenti segreti del Pentagono relativi a crimini di guerra in Afghanistan e Iraq.
Rischia una condanna a 175 anni di carcere, ma intanto il 4 gennaio 2021 una giudice britannica ha respinto la richiesta di estradizione negli Stati Uniti. Una sentenza che però è stata ribaltata il 10 dicembre 2021 dal”Alta Corte di Londra, che ha accolto il ricorso del team legale americano, e il 20 aprile 2022 la Westminster Magistrates’ Court di Londra ha emesso l’ordine formale di estradizione negli Usa. Ecco la storia degli ultimi anni della vita dell’attivista australiano, dalla concessione dell’asilo politico al coinvolgimento nello scandalo Russiagate.
“Quest’uomo è un figlio, un padre, un fratello. Ha vinto dozzine di premi per il giornalismo. È stato nominato per il premio Nobel per la pace ogni anno dal 2010. Potenti attori, tra cui la CIA, sono impegnati in uno sforzo sofisticato per disumanizzarlo, delegittimarlo e imprigionarlo”. Con queste parole Wikileaks, la creatura che ha contribuito a fondare, descrive su Twitter Julian Assange.
Classe 1971, giornalista, hacker e programmatore, nel 2007 è tra i promotori del sito web che, tra le altre cose, rivela centinaia di migliaia di file segreti del governo statunitense sulle guerre in Afghanistan e in Iraq, sui rapporti delle ambasciate Usa e sulle schede dei detenuti di Guantanamo. Dal 2010 è in corso un’inchiesta del Grand Jury di Alexandria, in Virginia, per la pubblicazione dei documenti riservati. Negli Stati Uniti viene bollato come “nemico pubblico”.