Gli Scanner Corporei, gli strumenti di sicurezza che letteralmente spogliano i passeggeri per verificare che cosa nascondono sotto i vestiti, sono tornati alla ribalta.
Introdotti già da diversi anni come alternativa alla perquisizione da parte degli agenti aeroportuali, vennero respinti a larga maggioranza dal Parlamento europeo nel 2008 per problemi di rispetto della privacy. Negli Usa sono presenti nella maggior parte degli aeroporti, ma sono progressivamente adottati anche in Europa.
I segreti della macchina
Ma come funzionano questi dispositivi, tecnicamente chiamati scanner millimetrali?
Finora i rilevatori ai raggi X erano in grado di vedere sotto i vestiti soltanto gli oggetti metallici. Gli scanner millimetrali usano radiazioni più leggere, ad altissima frequenza (onde millimetriche, nell’ordine del Terahertz (112 Hertz)) che attraversano i vestiti, ma vengono parzialmente riflesse da qualsiasi oggetto, anche non metallico, e dalla pelle. I materiali opachi alle onde luminose (per esempio i vestiti) risultano trasparenti a questo dispositivo consentendo così di distinguere eventuali oggetti nascosti. Mentre il grado di riflessione del nostro corpo causa l’effetto quasi nudo.
Fonte: Focus – 5 Gennaio 2010
Due tipologie – Attualmente esistono due tipi di Scanner Corporei: uno utilizza i classici raggi X, che sono ritenuti pericolosi da circa mezzo secolo, mentre la seconda specie utilizza onde elettromagnetiche a corto raggio. Ambedue i modelli sono ritenuti sicuri, perché l’esposizione ai raggi avviene in un tempo minimo ed è ritenuta alquanto ridotta.
Colpisce la pelle – Un gruppo di scienziati dell’Università della California ha sollevato diversi dubbi circa l’uso degli scanner a raggi X. L’energia di questi macchinari è minima, per fare in modo che non eseguano una scansione completa, all’interno del corpo come avviene in ospedale durante le radiografie, ma invece si possa fermare a livello della pelle. Per cui l’esposizione ai raggi X si concentra sull’epidermide, che rischia, scansione dopo scansione di essere colpita più di quanto preventivato.
Danni al DNA – lo scorso anno alcuni ricercatori al Los Alamos National Laboratory del New Mexico hanno ipotizzato, tramite alcuni esperimenti in laboratorio, che i fotoni a bassa energia utilizzati dai body scanner potrebbero causare danni al DNA: non possono rompere le catene di DNA, ma possono agitarle per bene, ovvero potrebbero interferire con i sistemi che mantengono le cellule in vita e funzionali.
Fonte: Focus – 19 Novembre 2010